La gamification è l’applicazione di elementi tipici dei giochi a contesti non ludici.
Ma cosa significa? In parole povere vuol dire utilizzare aspetti come sfide, punti, classifiche, premi e punizioni in situazioni che con il gioco non hanno nulla a che vedere, come il marketing, la formazione, la promozione o la produttività sul posto di lavoro.
Lo scopo? Quello di rendere le attività più coinvolgenti e motivanti per i partecipanti.
Una delle applicazioni più diffuse e conosciute della gamification nel marketing sono i programmi fedeltà: chi non ha mai fatto una raccolta punti sia in modo tradizionale, ritagliando il coupon dalla confezione e applicandolo su una scheda cartacea, sia attraverso le carte fedeltà? Questi sono esempi basilari di gamification che funzionano ancora ma, vista l’età, possono essere noiosi o poco coinvolgenti.
Oggi le strade sono molte e più articolate e, a livello di marketing, la gamification è un asso nella manica non da poco.
La psicologia dei giochi, se ben sfruttata, ti consente di accrescere la brand awareness, creando un’esperienza più piacevole e ingaggiante per il cliente, aumentando di conseguenza i lead e le conversioni.
Facendo leva sullo spirito competitivo, la gamification spinge le persone a confrontarsi con gli altri e il desiderio di ottenere ricompense e risultati, come badge, punti o premi, costituisce un’importante motivazione. Scalare una classifica, superare un livello o ottenere un premio comporta un appagante senso di realizzazione che alimenta l’autostima e aumenta il coinvolgimento, innescando un circolo virtuoso che spinge l’utente a continuare a interagire con il prodotto.
Ma perché applicare queste strategie a contesti che con il gioco non hanno nulla a che fare? Perché la noia o la ripetitività di alcune azioni potrebbero spingere gli utenti ad abbandonare, ad esempio, il processo di acquisto: con la gamification, invece, le stesse azioni si trasformano in esperienze gratificanti, andando ad aumentare la soddisfazione e la fidelizzazione degli utenti.
Secondo una ricerca riportata nel libro “For the Win, Revised and Updated Edition” di Kevin Werbach and Dan Hunter, la gamification aumenta del 700% il tasso di conversione e del 30% il tasso coinvolgimento. Per questo motivo le aziende puntano sempre di più su queste strategie e si stima che gli investimenti in attività di gamification passeranno dai 10 milioni di dollari del 2020 a 38 milioni nel 2026.
Si tratta di un mercato in espansione, dunque, utilizzato da tempo da colossi come Amazon, Apple o Nike.
Ovviamente è essenziale che la gamification venga inserita in una strategia di marketing ben studiata affinché sia pertinente al brand e al messaggio che si vuole comunicare per non rischiare di diventare un elemento inefficace o addirittura controproducente. Se riuscirai a sfruttare al meglio questa strategia ti assicurerai un vantaggio competitivo rispetto ai tuoi concorrenti.
Come ogni strategia, deve essere ben congegnata, se vuoi che si riveli davvero efficace. Non basta inserire a casaccio punti, classifiche e sfide per raggiungere i propri obiettivi. Sarebbe solo una perdita di tempo e di denaro. Per questo è necessario procedere per step.
Un elemento chiave della gamification sono le ricompense: nessuno fa niente per niente, dunque, affinché gli utenti decidano di partecipare alla tua competizione, devi premiarli. Ciò serve a motivarli a compiere azioni specifiche e a raggiungere determinati obiettivi (per loro e per te).
Anche le ricompense vanno ben studiate: non pensare solo ai classici coupon sconto o prodotti in omaggio: nella gamification anche il sistema delle ricompense deve essere molto più coinvolgente e appagare non soltanto l’aspetto monetario ma anche fattori importanti come sfida personale, riprova sociale…
Tra le tipologie più efficaci ci sono sempre beni fisici o virtuali (soprattutto se prodotti commercializzati da te), ma esistono anche ricompense che si basano sullo status sociale, sull’accesso esclusivo a determinate opportunità o ancora ricompense di tipo emotivo.
Una delle campagne di maggior successo basata sulla gamification è stata quella messa in campo da Sony per il lancio di Play Station 5.
“Chi sarà il primo a vincere la Console PlayStation 5? Un caveau inespugnabile. Una corsa contro il tempo. E 5 enigmi da risolvere.”
Sony, dunque, ha utilizzato la meccanica di gioco della caccia al tesoro. Per vincere la console PS5 era necessario trovare le soluzioni ai 5 enigmi proposti: una volta inserite le risposte corrette si entrava dentro il caveau ed ottenere l’agognata Playstation 5.
La campagna Sony, come puoi vedere, sfruttava anche il principio di scarsità: soltanto il primo utente che riuscirà a risolvere gli enigmi vincerà il premio. Gli altri parteciperanno all’estrazione di una seconda console.
Ma dove trovare gli enigmi? La caccia al tesoro avveniva grazie alla collaborazione con i principali siti di settore e retailer come MediaWorld o UniEuro. Sui siti o sulle pagine social di queste società, Sony postava i quesiti da risolvere, rilasciandoli gradualmente nelle settimane prima del lancio della console.
In questo modo Sony ha creato una forte aspettativa e ottenuto maggiore visibilità grazie alle aziende coinvolte nella caccia al tesoro che hanno parlato per settimane del lancio di PS5.
Questa campagna ha puntato sul desiderio di possedere la console giocando sulla scarsità legata ai pochi premi in palio. Grazie alla strategia degli enigmi, gli utenti sono stati stimolati nella volontà di migliorare e competere con gli altri.
Se hai capito quanto può essere vincente inserire la gamification nella tua strategia di marketing... e finora hai applicato al massimo la tessera fedeltà, è arrivato il momento di giocare su un altro livello per fidelizzare sempre di più i tuoi clienti e dare un nuovo sprint al tuo brand.
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Guglielmo Arrigoni
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